Recensione

Recensione CopenaghenVai alla home
Claudia A.- FUORI CONCORSO

"Certe domande rimangono a lungo anche dopo che chi le ha fatte è morto. Si aggirano come fantasmi, cercando le risposte che non hanno mai trovato in vita"

da: "Copenaghen", di Michael Frayn


"COPENAGHEN"
Regia: Mauro Avogadro - di: Michael Frayn
con: Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice


"Copenaghen" è una partita di calcio con solo grandi campioni in campo. Non conoscono la parola "egocentrismo", quando giocano si passano la palla tra loro, fanno magie, nessuno gioca per sé, ognuno di loro nel costruire l'azione pensa alla squadra e poco importa chi dà l'ultimo calcio al pallone. L'importante è vedere la palla finire in rete e sentire la tribuna gridare "goal". Il cast è la squadra dei sogni di tutti gli allenatori, una squadra di difensori, centrocampisti e attaccanti: Umberto Orsini (Niels Bohr), Massimo Popolizio (Werner Heissenberg) e Giuliana Lojodice (Margrethe) costruiscono l'azione, percorrono tutto il campo, entrano in area di rigore e arrivano alla porta senza mai sbagliare un passaggio.
Ci vuole coraggio per portare in scena "Copenaghen", un testo impegnativo in cui bisogna guardare al di là della domanda "perché Heisenberg è tornato a Copenaghen?" (domanda attorno alla quale ruota tutta la vicenda). Il testo di Michael Frayn scava sotto la superficie, va oltre, e il regista Marco Avogadro accetta la sfida, comprende le grandi potenzialità del testo e porta sul palcoscenico la grande magia del teatro a 360 gradi, quello fatto di cuore, muscoli, cervello e momenti di riflessioni, perché il teatro è anche un mezzo per imparare, crescere e provare a diventare un po'migliori.
La regia di Marco Avogadro, rispetto alla versione originale inglese, riduce di molto (quasi la metà) la durata della rappresentazione, togliendo la pausa e lasciando in scena i personaggi, come fantasmi nel buio del palcoscenico. Ottiene così uno spettacolo dai ritmi serratissimi dove i colpi di scena, i cambiamenti di visione, i ribaltamenti di ruoli e le continue nuove versioni alla domanda "allora Heisenberg perché eri venuto?" (Bohr in "Copenaghen", alla fine del primo atto, prima della pausa) si inseguono senza tregua. Per tre volte si crede di aver capito, di aver trovato una risposta e per tre volte Heisenberg capovolge la sua versione, ricominciando tutto da capo, senza mai una spiegazione definitiva e "il vero perché" rimarrà sempre un mistero. Lo spettatore è costretto a mantenere l'attenzione sempre ai massimi livelli, le emozioni si mescolano l'una con l'altra e travolgono tutto e tutti.
Umberto Orsini e Massimo Popolizio danno vita ad un duello fatto di sguardi, parole, gesti, formule e ricordi. Sul palcoscenico Niels Bohr e Werner Heissenberg riprendono vita e sembra di rivederli seduti nel mezzo del nero della scenografia, tra formule e numeri discutere di scienza, atomi, molecole, indeterminazione, atomica e tutto quello che ruota attorno al complicato mondo della fisica.
Nel mezzo, a fare da giudice, avvocato difensore, accusa e ago della bilancia c’è Giuliana Lojodice nei panni di Margarethe, moglie di Bohr. Un personaggio che con le sue parole spesso trasforma la scienza e la fisica in un tema dal quale partire per riflettere sulla storia, quello che è stato, è e sarà il mondo di tutti giorni. Cosa succede quando tre campioni si ritrovano nella stessa squadra e trovano la giusta sintonia? Succede che "si divorano il palcoscenico" sfruttandone ogni angolo e regalando emozioni. Cosa succede quando un testo scava oltre la superficie? Succede che il teatro diventa "una piccola lezione di vita", ecco tutto questo è "Copenaghen".

Complimenti e grazie! Claudia

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