Recensione

Critica teatrale su "Magazzino 18"Vai alla home
Nadia Russo

Per quasi 2 ore con “Magazzino 18” Simone Cristicchi domina il palco del Teatro di Locarno. Ma più di lui lo fanno le vicende umane di persone costrette a lasciare la loro terra dopo aver subito terribili intimidazioni. Sì, perché dietro le date, i fatti, le nozioni ci sono delle persone, dietro episodi di persecuzione come l’esodo giuliano dalmata ci sono dei cuori che battono. O che smettono di farlo. Perché qualcuno si è arrogato il diritto di decidere quando il filo delle Moire andava tagliato. Perché qualcuno ha arbitrariamente disposto quando, dove e perché un’esistenza debba aver fine. Sul palco domina l’indignazione e lo sconcerto di un’archivista che scopre una vicenda storica così importante eppure a lui, e a molti altri, sconosciuta. Dominano le vicende singole, e di un popolo interno. Domina il senso di appartenenza a una terra. Domina lo sconcerto e l’amarezza.

 

Attraverso il racconto di un episodio storico poco conosciuto Simone Cristicchi ci racconta ciò che nel mondo avviene ininterrottamente, ci racconta i tratti comuni di queste tragedie umane: sofferenza, sangue, l’odioso difetto dell’uomo di non saper imparare assolutamente nulla dalla storia. “Magazzino 18” non racconta solo l’esodo dei popoli italiani nel secondo dopoguerra, ma mille guerre, mille tragedie, mille persecuzioni, del passato, del presente e, purtroppo, del futuro. Racconta l’indifferenza, i silenzi, con grande razionalità ci fa capire che non tutto è o bianco o nero.

 

Circondato da una magnifica scenografia, che rende alla perfezione luogo e tempo, Simone Cristicchi recita, racconta, canta. E sono proprio i momenti canori, realizzati insieme al Coro Calicantus di Locarno, che lasciano le emozioni più forti. Le melodie, a volte malinconiche, a volte dai toni forti e duri, trasformano il dolore degli esuli per la loro terra ormai persa, o le atrocità della guerra, in sentimenti che nascono nel cuore dello spettatore. Ma cosa è il magazzino 18? È un “luogo della memoria”[1], nel quale sono conservati innumerevoli oggetti appartenuti all’esodo giuliano dalmata. E da oggi anche il nostro cuore può essere un “magazzino 18”.

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