Recensione

Critica teatrale "Cabaret - Il Musical"Vai alla home
Rocco Cavalli

Cabaret – il musical “menù”
Ci sono ristoranti che promettono cene d’alto livello, sia nelle unanimi voci di anonimi avventori, sia nel coro più distinto di critici gastronomi. Così l’invitato entra nel locale con un bagaglio di aspettative forse troppo carico, oppure con una fame esagerata che contribuirà soltanto ad aumentare la delusione di un aperitivo insipido e già troppe volte gustato in umili locande di paese. Un’entrata sottotono non potrà comunque compromettere l’esito di un’intera cena, anzi predisporrà nei convitati la speranza di un primo, un secondo o perlomeno un dessert degni della livrea dei camerieri. La lancetta dell’orologio continuerà a girare, i piatti cambieranno, la fame si farà appetito e presto crescerà anche l’approvazione e la benevolenza nei confronti dello chef, nell’attesa di un dessert che si spera saprà dare il colpo di grazia alla diffidenza iniziale. Quando i guanti degli inservienti sveleranno poi il dolce, troppo tempo sarà passato per ricordarsi se l’aperitivo era insipido per sua natura, o soltanto per colpa di un miraggio eccessivamente saporito nato ancor prima di metter piede nel luculliano locale.
Anche a Locarno mercoledì 4 novembre è stata servita una cena che prometteva al gusto un godimento senza precedenti, ma inaugurata da un aperitivo sottotono, o meglio da un incipit che ha svelato l’umidità dei fuochi d’artificio preparati. Insomma, la Compagnia della Rancia ha offerto una cena leggera, un poco scontata nei suoi piatti più attesi, ma servita con maestria da una meravigliosa cameriera di nome Giulia Ottonello, allietata da un simpatico Mauro Simone e arditamente diretta da Saverio Marconi e Gabriele Moreschi. Sono infatti il regista e lo scenografo a meritare buona parte degli applausi del generoso pubblico locarnese, non solo per l’abilità nella creazione di molteplici dimensioni narrative con pochi oggetti e tanto movimento, ma pure per l’elasticità nell’adeguare uno spettacolo fortemente dinamico a un piccolo palco.
Spesso un piatto deve il suo successo alla presentazione che ne fa lo chef e a teatro questa regola ha ribadito la sua validità: la povera leggerezza iniziale ha infatti preso parte a un climax di tensioni ed emozioni costruito durante la recita, avviata a fatica dalla compagnia, ma finalmente condivisibile a partire dalle scene prima della pausa. Scene che hanno risolto i dubbi lasciati da un menù troppo frequentemente leggero, svelando la ben costruita ipocrisia di un Cabaret ostentatamente felice nella tragica deriva di una Berlino in realtà morta. Morta nel grembo di Sally Bowles, morta negli occhi delle troppe vite in inerme attesa del folle uragano nazista.
A voi dunque una cena da gustare senza stellate aspettative, uno spettacolo da scrutare con consapevolezza ben oltre le gambe delle ballerine.

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