Recensione

Critica teatrale "Bisbetica"Vai alla home
Rocco Cavalli

Bisbetica o Domata?
Scrivere di teatro significa confrontarsi con una materia viva, perché «il teatro è vita». Così mi piace interpretare una riuscita battuta di Nancy Brilli, salita sul palco di Locarno con il suo spettacolo Bisbetica mercoledì 18 novembre 2015 (poi replicato il giorno successivo). E quindi, proprio perché ora scriverò guardando negli occhi la pulsante vita manifestatasi sul palco locarnese, non potrò esimermi dal riflettere nelle mie considerazioni l’intimo groviglio di emozioni che ha catturato me con tutto il pubblico. Un impatto con i sentimenti all’inizio decisamente travagliato, subìto con perplessità nelle prime scene disorientanti e in alcuni tentativi d’umorismo un po’ gratuito e probabilmente tralasciabile.
Lo spavento di fronte all’inattesa modernità di una recita tanto classica e così spesso ritenuta necessariamente tale, la segreta paura di una rivoluzione fallimentare, il rossore e la vergogna di fronte a uno Shakespeare reinventato hanno scaricato una scossa sulla poltroncina e, non lo nego, hanno per un attimo suggerito all’animo di disporsi al peggio. Ma il peggio ho definitivamente smesso di attenderlo quando ho finalmente colto la forza di un teatro che si stava facendo teatro di se stesso. Già in Shakespeare la Bisbetica è un “teatro nel teatro” e Nancy Brilli ha saputo individuare l’enorme potenziale di questa dinamica, giocando alla recita quando già si stava recitando, costruendo due storie su di un solo palco. Scena dopo scena, la Bisbetica ha costruito la propria trama con una libertà assoluta ma tutto sommato meritata. Nello stesso tempo la storia di un gruppo di attori senza regista, che si preparavano con ardore e passione a portare in scena il grande classico, ha regalato al pubblico la sensazione che anche la peggior bisbetica sa essere femminile, che i panni della donna capricciosa sono gli stessi della fragile ragazza malvoluta da tutti. Una compagnia affiatata, dinamica e meritevole ha costruito sul palcoscenico una vicenda moderna, dialogando con il passato sulla strada dell’evoluzione dei tempi, dai rapporti moglie-marito del Cinquecento al confronto uomo-donna del terzo millennio, nella provocazione forte di un mondo mascherato, di un “teatro nel teatro”. Sì, perché quel povero gruppo di attori senza regista si faceva bisbetico nei discorsi del produttore, nei capricci dell’attrice che avrebbe impersonato la docile Bianca, ma poi nella scena lasciava a Caterina tutto il fardello di un carattere pungente. Un carattere voluto per lei da Shakespeare, ma che non le spettava nella “realtà” di un “dietro le quinte” fatto spettacolo, per la vincente antitesi di un “teatro nel teatro” a sua volta antitetico nella figurazione di mondo bisbetico, che per conformismo preferisce indossare la maschera candida di Bianca e non ha il coraggio di mostrare la sua tentazione ad essere Caterina.
La Bisbetica di Brilli va conosciuta, merita l’attenzione di tutti proprio perché a nessuno può risultare indifferente. Se non la ami ti provoca, se ti lascia in bilico tra amore e odio, inevitabilmente di stuzzica: è un teatro che strattona le corde delle emozioni e che sa catturare l’intimo, a forza di carezze o nella dolcezza dei pugni di una bisbetica... domata o irriducibile?.

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